Monte Compatri, situato nei Castelli Romani, è una storica località di villeggiatura che ha attratto imperatori, papi e nobili. Il centro storico sorge su uno sperone di tufo a circa 600 metri di altitudine, probabilmente sull’antica città di Labicum. Durante il Medioevo, divenne un importante centro fortificato, soprattutto sotto i Conti di Tuscolo e i Colonna. Dopo la distruzione di Tuscolo nel 1191, la popolazione aumentò. Il castello è menzionato per la prima volta nel 1252 e il territorio passò a varie famiglie nobili, tra cui gli Altemps e i Borghese. Monte Compatri è ricco di resti archeologici romani e conserva edifici storici come il Duomo dedicato a Maria Assunta e il Palazzo Annibaldeschi. È anche nota per il vino DOC Monte Compatri, frutto di una lunga tradizione vinicola.
Qui di seguito troverete dei sentieri limitrofi del territorio di Monte Compatri.

Sentiero Algido
Questo itinerario porta a Monte Trinità SS. in Algido, la terza cima più alta del comune di Monte Compatri, a circa 710 metri. Si parte dalla sella tra Monte Salomone e La Montagnola, lungo una mulattiera che circonda Monte Salomone. Al Colle dei Generali la mulattiera si biforca: un ramo va verso Rocca Priora, l’altro entra nel bosco, con castagneti e fungaie. Quando il sentiero inizia a scendere verso il cimitero, un percorso laterale porta alla vetta, dove si trova una croce di ferro alta 3 metri.

Il 2 giugno 1996, la cima fu dedicata alla “Trinità SS. in Algido” da quattro ragazzi, con una croce e tre targhe commemorative. Il nome “in Algido” richiama la guerra dell’Algido del V secolo a.C. e la fioritura medievale della zona con i paesi vicini. La dedica alla SS. Trinità si riferisce allo stemma comunale, alla terza cima del comune e al culto cristiano della Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Sentiero Casaccia
Questo sentiero parte dalla sella tra Monte Salomone e La Montagnola, seguendo un’antica mulattiera, e arriva al bosco “Piantato dell’Acqua Nuova”, noto anche come “Macchia del Piantato”. Nonostante la sua estensione ridotta (circa 4,5 ettari), il bosco è importante per la presenza di specie vegetali peculiari, testimonianza dei boschi originari del Vulcano Laziale. Inserito nel Piano d’Assetto del Parco come “Riserva Parziale Botanica”, è diviso in due zone: una con specie naturali e l’altra con specie introdotte dall’uomo, come noci, fichi e pini domestici.

Tra le specie autoctone, si trovano il Cerro, la Roverella e il Leccio, mentre nel sottobosco crescono olmi, noccioli, sambuchi e pungitopo. Vicino al bosco, ai piedi di Monte Salomone, si trova la cisterna romana “La Casaccia”, costruita tra il 50 a.C. e il 50 d.C., che serviva per la raccolta dell’acqua. Un’altra cisterna, chiamata “Casaccia bassa”, è situata a breve distanza. Lungo il percorso si possono vedere anche tracce dell’antica via Latina, oggi nota come via Tuscolana, che attraversa la zona fra Monte Compatri e il Monte Albano.
Sentiero Tuscolo
L’itinerario parte dalla sella tra Monte Salomone e La Montagnola e conduce all’area archeologica del Tuscolo, situata su una cresta tra i 600 e i 675 metri d’altitudine. Le prime indagini archeologiche furono avviate nell’800 da Luciano Bonaparte, e dal 1994 sono in corso scavi condotti dalla Scuola Spagnola di Storia e Archeologia di Roma.

L’area è occupata sin dall’epoca protostorica (X-IX secolo a.C.) e, durante il VII-VI secolo a.C., subì il controllo etrusco. Oggi, tra i monumenti visibili ci sono il Teatro romano, costruito nel I secolo a.C., il Foro, l’Anfiteatro e le cisterne. Il teatro, il più rappresentativo, mostra la tipica costruzione addossata al colle, secondo l’uso greco. Sono visibili anche resti di mura poligonali e la cisterna arcaica, caratterizzata da una cupola ogivale.
Scendendo si trovano la “villa di Tiberio” e la Via dei Sepolcri, una strada pavimentata che conserva tombe romane. Sulla cima della collina si trovava l’antica Acropoli romana, con i templi di Giove e dei Dioscuri, e in epoca medievale il Palazzo dei Conti di Tuscolo. Da visitare anche la Croce del Tuscolo, eretta nel 1933, e la vista panoramica che spazia sui Monti Albani, Rocca di Papa e l’antica via Tuscolana, oggi via Latina.
Sentiero Camaldoli
L’itinerario parte dal convento di San Silvestro (XVII sec.), raggiungibile tramite una strada dal centro storico di Monte Compatri. Dal piazzale panoramico, un facile percorso di 1,2 km conduce al sentiero che collega Monte Porzio Catone all’area archeologica del Tuscolo. Lungo il percorso sorge l’eremo di San Romualdo, fondato nel XVII secolo dai Camaldolesi. La chiesa dell’eremo, riservata agli uomini, contiene opere sulla vita di San Romualdo.

Da qui, si può proseguire verso il Tuscolo, attraversando i boschi e raggiungendo la storica altura, oppure verso Rocca Priora e Monte Salomone, ammirando i resti della cisterna di “Colle dei Generali” e splendidi panorami sul Vulcano Laziale.
Sentiero Cave dello Sperone e bosco di Salomone
Dal piazzale di San Silvestro si può raggiungere la vetta di Monte Salomone (773 m) con una breve passeggiata. Il percorso inizia dal centro storico di Monte Compatri e, seguendo una strada asfaltata di circa 2,5 km, si raggiunge il poggio di San Silvestro. Da qui si prosegue per Monte Salomone, parte dei Monti Algidi, con un sentiero che attraversa resti romani, tra cui una cisterna del I secolo.

Lungo il cammino si attraversano boschi di castagni, noccioli, agrifogli e faggi, dove in primavera fiorisce la rara Peonia Maschio. Sulla cima di Monte Salomone si trovano i resti di una torre medievale, utilizzata per controllare il territorio circostante. Il panorama dalla vetta offre una vista spettacolare sull’Atrio della Molara, sui Monti dell’Artemisio e sul vulcano interno dei Castelli Romani.
Il percorso di 5,25 km tra Monte Compatri e Rocca Priora è adatto a tutti, con un dislivello di 243 m. Lungo il tragitto si incontra la cava di Monte Salomone, famosa per l’estrazione della roccia lavica “sperone”, utilizzata in diverse opere decorative a Roma e nei paesi limitrofi.
Sentiero Montagnola
A mezz’ora a piedi da Monte Compatri si trova il Convento di San Silvestro, fondato nel 1450 e affidato ai Carmelitani Scalzi nel 1603. Lungo la strada asfaltata si incontrano le edicolette della Via Crucis, costruite nel 1946. Secondo la tradizione, qui sorgeva una villa romana usata dai cristiani perseguitati.

Il Santuario della Madonna del Castagno, del 1680, contiene un’immagine sacra venerata dalla popolazione. La chiesa del convento, ricostruita nel 1660, ospita opere di Luca Fiammingo e altri artisti. Dal piazzale, un sentiero conduce tra la Montagnola e Monte Salomone, su antichi passaggi.
Sentiero Pratarena
Tra le cime della Montagnola e di Monte Salomone, si giunge a una sella con una tagliata, testimonianza di antichi passaggi. Proseguendo verso ovest (sentiero B), si trovano i ruderi di “La Casaccia”, resti di cisterne romane di una villa di grandi dimensioni.

Scendendo in una valletta, si arriva alla rocca di Tuscolo. Accanto si trova la chiesetta della Madonna del Castagno, venerata dai monticiani per le grazie ricevute, specialmente durante l’epidemia di colera del 1867. Questo culto potrebbe risalire a tradizioni antiche legate alla natura, come il culto di Diana.
L’approvvigionamento idrico era fondamentale per gli insediamenti, con cisterne costruite in “opus caementicium”. Lungo il percorso, si possono vedere due cisterne romane, risalenti tra il 50 a.C. e il 50 d.C., e la fontana del Belvedere, costruita nel 1891, con elementi romani. I lecci secolari circondano la piazza, offrendo ombra e un bel panorama su Roma.
Sentiero Molara
Il percorso parte dal piazzale di San Silvestro verso Monte Salomone, scendendo attraverso la Valle Marzocchio fino alla Via Tuscolana. Qui, un sentiero non asfaltato attraversa il Fosso dei Ladroni e conduce al Castello di Molara, costruito dagli Annibaldi nel XIII secolo. Questo castello, che ha ospitato figure importanti come Papa Innocenzo IV, è oggi ridotto a suggestivi ruderi, con torri e mura nascoste dalla vegetazione.

Il castello controllava lo stradone della Molara e comunicava con altre postazioni attraverso un sistema di torri. Nelle vicinanze, si trovano i resti di una stazione romana, “statio Roboraria”, e la chiesa di S. Agata, fondata nel IV secolo. A poca distanza, sorge la chiesa della Madonna della Molara, in stile gotico, e l’ex aeroporto nazista da cui partì Mussolini nel 1943.
Un altro punto di partenza del sentiero si trova a sud della via Anagnina, costeggiando i Piani di Caiano e l’Osteria Nuova, con i resti di una chiesetta medievale dedicata alla Madonna, costruita nel Cinquecento.
Sentiero Rocca Priora
Partendo dal centro storico di Monte Compatri, si percorre una via asfaltata per 2,5 km fino al poggio di S. Silvestro, dove si trovano resti di ingegneria romana, come una cisterna del I secolo. Un sentiero porta alla sella di Monte Salomone, attraversando un paesaggio montano con resti di ville romane e cisterne.

In cima, il panorama è mozzafiato. Si prosegue tra faggete e castagni fino a Rocca Priora, facilmente raggiungibile. Qui, in passato, la neve veniva conservata e venduta a Roma. Il Santuario della Madonna della Neve, costruito nel 1500, è un luogo centrale della vita locale.
Seguendo il Viale degli Olmi, si arriva a un belvedere su Roma e poi al Palazzo baronale, sede del Comune, risalente al XIV secolo.
Sentiero Monte Porzio
Arrivati al piazzale di San Silvestro, si segue il sentiero verso la sella di Monte Salomone, proseguendo fino alla vetta del Monte Tuscolo (674 m), dove si trova una croce metallica sulle rovine del Tempio di Giove. Da qui, si gode di un panorama che spazia dai monti Simbruini a resti di ville romane.

La vegetazione include il Bagolaro e pini, con possibilità di avvistare animali selvatici. Scendendo, si attraversa il bosco fino all’Eremo di Camaldoli, un luogo di vita contemplativa.
Continuando, si arriva all’Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone e, lungo via Formello, si notano i resti di Villa Gammarelli. In Piazza Borghese si trova il Palazzo Borghese, che ospita la Biblioteca comunale. Infine, si visita la Parrocchiale San Gregorio Magno, un importante esempio di architettura barocca.
Sito archeologico di Gabii
L’antica città di Gabii si trova a 20 km da Roma, sul cratere di Castiglione, lungo la Via Prenestina. La città si sviluppò come altri centri laziali, con nuclei abitati nell’area.

Gabii ospitava il santuario di Giunone Gabina, datato al II secolo a.C., considerato un santuario urbano. Il complesso includeva un tempio, un altare, un portico e botteghe, tutti progettati insieme. Il tempio, su un podio in pietra, ha una cella circondata da colonne e un altare principale in lapis gabinum.
Si prosegue verso le rovine della Chiesa di San Primitivo, eretta su resti termali, e si trova il Foro, scoperto nel 1700. Nelle vicinanze, ci sono fossati e mura urbane, e si possono visitare i resti di un santuario extraurbano risalente al VII secolo a.C. La visita termina all’acropoli, con i resti di un medievale “castrum” e una torre del XIII secolo
Flora
Monte Compatri è uno dei 15 comuni del Parco Regionale dei Castelli Romani, situato a circa 20 km a sud-est di Roma e che copre circa 9.500 ettari. Il territorio è caratterizzato dalla morfologia del Vulcano Laziale, che è stato attivo tra 600.000 e 20.000 anni fa. I rilievi dei Colli Albani, con altitudini dai 200 ai 950 metri, includono colline fertili con vigneti e oliveti, boschi di castagni, prati e i laghi Albano e Nemi, formati nei crateri vulcanici. Oltre agli elementi naturalistici, il parco ospita centri storici e siti archeologici di notevole interesse.

Il Parco offre numerosi itinerari percorribili a piedi, a cavallo o in mountain bike, permettendo di apprezzare le sue diversità naturali e culturali. La vegetazione cambia in base all’altitudine, con un progressivo mutamento del paesaggio climatico e vegetale. Ad esempio, si passa dal bosco misto di latifoglie, alla faggeta, fino alla prateria culminale man mano che si sale in quota.
I castagneti, introdotti dai Borghesi nel XVII secolo, hanno sostituito in gran parte querce e lecci nei Castelli Romani. Il castagno (Castanea sativa), originario probabilmente dell’Europa orientale, ha una lunga storia in Italia, diffuso dai Romani nelle Alpi e nell’Appennino. Il suo frutto, la castagna, ha avuto un ruolo centrale nell’alimentazione delle popolazioni montane. Il castagno predilige climi miti e si trova tra i 300 e i 1000 metri di altitudine. Può raggiungere fino a 40 metri di altezza e vivere per secoli, con esemplari di migliaia di anni.

Il legno di castagno è molto utilizzato per la sua resistenza e durata. Viene lavorato per creare travi, pali e tavole, ed è apprezzato sia per mobili che per costruzioni. Tuttavia, la pianta è soggetta a parassiti animali e malattie fungine, come il cancro della corteccia e la malattia dell’inchiostro. Nonostante ciò, è una risorsa preziosa per l’economia locale, anche grazie alla lavorazione del tannino e alla produzione di farina di castagna.
Fauna
La fauna del Parco Regionale dei Castelli Romani ha subito significativi cambiamenti a causa della pressione venatoria e delle trasformazioni ambientali indotte dall’uomo. Tra i mammiferi presenti, si possono trovare insettivori come il riccio (Erinaceus europaeus), che si nutre di insetti e piccoli invertebrati. I roditori sono ben rappresentati con diverse famiglie, tra cui i lepridi, come la lepre (Lepus europaeus), e gli sciuridi, come lo scoiattolo (Sciurus vulgaris). Altri roditori includono i cricetidi, come il topo campagnolo (Podemus sylvaticus), e i gliridi, rappresentati dal ghiro (Glis glis), nonché gli istricidi, come l’istrice (Histrix cristata).

Tra i carnivori, spiccano i canidi, come la volpe (Vulpes vulpes), e i mustelidi, tra cui la martora (Martes martes) e il tasso (Meles meles). I cinghiali (Sus scrofa) rappresentano gli archiodattili presenti nel parco.
Per quanto riguarda l’avifauna, questa si divide in tre categorie: gli uccelli stanziali, che rimangono nel parco per tutto l’anno, e quelli migratori, che vi sostano per riproduzione o svernamento. Alcuni esempi includono il nibbio bruno (Milvus migrans) e la poiana (Buteo buteo). Gli uccelli di passo, invece, transitano durante le migrazioni.

Le specie aviarie principali comprendono i falconiformi, come il falco pellegrino (Falco peregrinus), e i ciconiformi, come la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus). Tra gli anseriformi troviamo il germano reale (Anas platyrhynchos), mentre i passeriformi includono piccoli uccelli insettivori e granivori, come la ballerina bianca (Motacilla alba).
La varietà di invertebrati è ampia e include collemboli, utili per la formazione dell’humus, e odonati come le libellule. Non mancano coleotteri e ditteri, e tra gli aracnidi troviamo scorpioni e ragni.

I rettili del parco sono rappresentati da cheloni, come la tartaruga (Testudo hermanni), lacertili come la lucertola (Podarcis muralis), e ofidi, tra cui la biscia (Natrix natrix). Gli anfibi comprendono sia urodeli, come la salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata), sia anuri, come il rospo comune (Bufo bufo).
I microrganismi saprofagi, infine, svolgono un ruolo cruciale nella decomposizione delle sostanze organiche, rendendo disponibili nutrienti essenziali per le piante. Complessivamente, il parco presenta un’ampia biodiversità, che è però minacciata da fattori antropici; la sua conservazione è fondamentale per mantenere l’equilibrio ecologico dell’area.
Clima e Geologia

I venti principali che investono il nostro vulcano sono cinque: lo scirocco, il libeccio, il maestrale, la tramontana, il grecale (gli altri tre hanno breve durata e frequenza). Analizziamone alcune caratteristiche.

I venti della nostra zona
Lo scirocco proviene da Sud-Est, dall’Egitto e medioriente soprattutto, attraversando la penisola greca e la parte Sud dello stivale: è dunque un vento che ci giunge abbastanza secco per due motivi: i territori aridi e sabbiosi ed il fatto che l’ultima parte di percorso è sulla terra; dura mediamente 4 gg ed è abbastanza raro poiché si presenta quasi il 5% delle volte durante l’anno.
Il maestrale proviene da Nord-Ovest, offerto dal ciclone atlantico-iberico ed è abbastanza umido a causa dell’oceano, della regione francese attraversata (la quale è più fresca essendo più a Nord dell’Italia ed ovviamente del Nord Africa) e del golfo ligure, zona di mare. Dura più di ogni altro vento, 21gg, e si presenta molto spesso nell’arco dell’anno, il 39% delle volte.
Il libeccio proviene da Sud-Ovest, offerto di solito dall’anticiclone delle Azzorre, ossia dall’oceano Atlantico, dall’Africa Nord occidentale, attraversa il mar Tirreno e si presenta subito a noi: per questo motivo è più umido dello Scirocco; ha anche maggiore durata 7gg e si presenta spesso, il 17% delle volte all’anno.
La tramontana proviene da Nord ,offerta dal ciclone atlantico-britannico o dall’anticiclone sovietico ed ovviamente è più umida nel primo caso che nel secondo ove ha un percorso esclusivamente continentale; complessivamente dunque la Tramontana è meno umida del Maestrale ma molto più fredda. La durata media è di 8gg e si presenta il 17% delle volte durante l’anno.
Il grecale proviene da Nord-Est, offerto dall’anticiclone sovietico-balcanico, è più secco della Tramontana e costituisce con essa il vento più freddo che da noi si conosce.
Dura mediamente 12gg e si presenta molto spesso, ma meno del Maestrale, il 24% delle volte.
Quando abbiamo dei venti di provenienza marina (maestrale, ponente, libeccio, austro) ossia da Nord-Ovest a Sud aumenta il grado di umidità dell’aria e le nostre valli appaiono ricche di foschia che domina l’orizzonte. Con venti di provenienza continentale (Tramontana, Grecale, Levante, Scirocco) ossia da Nord a Sud-Est il più basso grado di umidità assicura panorami puliti fino all’orizzonte, anche in presenza di nubi.
Le temperature
Dato un qualunque mese dell’anno i venti continentali risultano più freddi mediamente di 6°C rispetto a quelli marini. Nei casi di cielo nuvoloso, invece, la differenza tra la temperatura diurna e notturna non è molta, ciò è dovuto al fatto che le nubi di giorno ostacolano la penetrazione dei raggi solari evitando un forte aumento di temperatura e di notte ostacolano la dispersione del calore che la terra ha accumulato durante il giorno; cioè un cielo abbastanza compatto di nubi svolge un’azione di effetto serra. Quando il cielo è privo di nubi la temperatura diurna sale di più e quella notturna scende di più del caso precedente: ciò accade per l’assenza dell’ostacolo offerto dalle nubi all’irraggiamento solare diurno ed alla successiva perdita di calore notturna.
Un’altra differenza tra condizioni di cielo pulito e cielo nuvoloso esiste quando studiamo il gradiente termico cioè la variazione della temperatura all’aumentare della quota:
- normale: quando la temperatura scende con la quota
- inverso: quando la temperatura sale con la quota
- adiabatico: quando la temperatura è costante con la quota
Attraverso delle osservazioni sappiamo che quando il cielo è nuvoloso, sia di giorno che di notte, il gradiente è normale; con cielo privo di nubi le cose cambiano sorprendentemente: mentre di giorno il gradiente è normale, con gli strati più bassi dell’aria più caldi di quelli alti, di notte il raffreddamento della crosta terrestre insieme al 1° strato atmosferico causa in esso un gradiente invertito: chiameremo il 1° strato strato di inversione. Lo strato di inversione si genera dalle prime ore della sera fino all’alba e prevalentemente in zone pianeggianti sia di bassa che di alta quota: nel primo caso, come abbiamo osservato sull’Agro Romano, è nei primi 200m, mentre in alta quota è molto più ridotto, 30m come sul bacino dell’Aniene (località Zagarolo p.es.).
In condizioni di cielo pulito di giorno si osserva un forte gradiente termico di valore medio pari a -1.5°C/100m ossia per ogni 100m di quota ascesi la temperatura scende di circa 1.5°C: per esempio, è facile osservare a mezzogiorno differenze di circa 9°C fra Roma e Monte Compatri. In condizioni di cielo nuvoloso di giorno abbiamo un gradiente termico medio di -0.75°C/100m ossia circa 4.5°C di differenza fra Roma e Monte Compatri.

Con cielo nuvoloso di notte abbiamo quasi lo stesso gradiente, con -0.5°C/100m. Infine con cielo pulito di notte e durante il periodo invernale abbiamo un gradiente termico di +2°C/100m nello strato di inversione e -1°C/100m dopo lo strato di inversione: si ha così la stessa temperatura alla periferia di Roma e a Monte Compatri; durante il periodo estivo abbiamo invece un gradiente termico pari a +1.5°C/100m nello strato di inversione e -1°C/100m dopo di esso, con temperatura più bassa a Monte Compatri.

La cronologia geologica
La storia geologica dell’area tuscolana e del distretto vulcanico dei Colli Albani è legata a fenomeni vulcanici originatasi circa 600 mila anni fa; prima di allora quella che oggi è la Campagna Romana appariva come una distesa di acque marine dalle quali emergevano i Monti Lucretili e Tiburtini, alcuni isolotti quali gli attuali Monti Cornicolani ed il Monte Circeo.
Nel periodo successivo le terre si erano gradualmente sollevate, emergendo dal mare, e nella pianura laziale, ormai già ricca di vegetazione e di vita animale, iniziavano i primi fenomeni vulcanici. A partire da questo periodo si susseguono episodi effusivi ed esplosivi protrattisi per lunghi periodi, suddivisi sommariamente in tre fasi temporali distinte per tipo di attività e volumi di materiali eruttali:
Prima fase: Apparato Tuscolano Artemisio
Questa fase (dai 700.000 ai 360.000 anni fa) ha portato alla formazione del recinto vulcanico esterno detto Tuscolano-Artemisio: periodo eruttivo di intensa attività vulcanica, con maggior volume di magma emesso, rappresentato da una sequenza di esplosioni piroclastiche e lave con conseguente formazione dell’omonimo strato vulcano. Questa fase si conclude con la formazione dell’ omonima caldera, per collasso della parte sommitale del cratere. L’attributo Tuscolano-Artemisio prende il nome dalle due cime del recinto esterno, il Monte Tuscolo m.670 a nord e il Maschio dell’Artemisio a sud-sud est (931 m).
Seconda fase: Apparato delle Faeta
Caratterizzata da minore intensità e dalla formazione dell’ edificio del Maschio delle Faete in posizione interna all’apparato Tuscolano-Artemisio, che rappresenta l’ultima fase di attività centrale. Dalla stessa bocca vulcanica dalla quale sono eruttate le lave dell’ apparato Tuscolano Artemisio sono fuoriusciti anche i materiali vulcanici dell’ apparato delle Faeta che costituisce l’impianto interno, con la massima altezza attuale di 956 m del Maschio delle Faeta. Questa seconda fase durò dai 300.000 ai 150.000 anni fa.
Terza fase: attività eccentrica o idromagmatica
E’ un periodo di intensa attività esplosiva dovuta ad una fase freato-magmatica (interazione tra i fluidi acquosi e magma), con sviluppo di crateri minori eccentrici alcuni dei quali ospitano oggi i laghi di Albano e Nemi. La porzione più antica del primo edificio vulcanico è ben visibile nella sua struttura di grande recinto a ferro di cavallo, con un diametro di circa 10 Km, formato dai monti del Tuscolo, di Rocca Priora, del Maschio d’ Ariano e dell’ Artemisio.
Questa terza fase (150.000 – 30.000 anni fa) è caratterizzata dalla presenza di numerosi camini vulcanici eccentrici rispetto alla bocca eruttiva principale e al fenomeno di interazione magma-acqua definita fase idro-magmatica. L’incontro fra la magma incandescente e l’acqua meteorica e di falda percolata nel sottosuolo ha prodotto una grande quantità di vapore con successive esplosioni che hanno creato profonde voragini dando così origine ai bacini del lago Albano, di Nemi, della valle Ariccia, di Giuturna, della valle Marciana, Prataporci e di Castiglione.